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sabato 30 giugno 2012

Forse sono razzista...

Uno dei vantaggi di vivere in una zona non proprio centralissima della città di Milano è essere circondati di supermercati e negozietti alimentari. E ognuno ha caratteristiche peculiari: chi ha il reparto pesce più fornito, chi quello per i bimbi, chi la frutta e la verdura e uno aperto in qualsiasi giorno della settimana per la spesa quotidiana lo trovi sempre.
Spesso, davanti alle porte d'entrata, si trovano questuanti di ogni tipo: storpi (veri e finti), padri di famiglia (veri e finti), zingare con l'immancabile pancia o bimbo. Posto che, a costo di passare per razzista, non ho una buona opinione degli zingari - non amo che girato l'angolo abbiano auto lussuose e cellulari dell'ultima generazione, non amo che siano "nomadi" ma stazionino mesi negli stessi posti, non amo che crescano con la cultura del furto, non amo l'uso che fanno dei bambini perchè sanno benissimo che non possono essere puniti - mi trovo la solita ragazza con sguardo supplichevole e arrogante insieme che sbandiera una ricetta medica e il suo bimbo - 6/7 anni -  si prodiga in una pianto che è insieme una cantilena e un urlo. Solo che quel particolare supermercato ha delle ampie vetrate e appena varco l'entrata la madre (o la sorella forse...) e il bambino si mettono a ridere e scherzare, facendo le boccacce a chi entra nel supermercato. Allora li ho osservati per un po'. Il bambino sta (fortunatamente) benissimo, ma a un tocco sul braccio urla, piange, si strazia.
E io mi arrabbio. Come si può obbligare un bimbo a rimanere su un marciapiede per ore con il caldo che ha fatto in questi giorni pretendendo di farlo passare per malato per indurre alla compassione da spicciolo? Come si può crescerlo dandogli come valore l'imbroglio e il dileggio? Come si può privarlo del suo diritto al gioco e alla trasparenza?
Siamo tutti mentitori, manipolatori, tendenti al vittimismo. Quantomeno, lo siamo stati tutti quanti almeno una volta. Ma come si può essere anche e soprattutto qualcos'altro se ci crescono senza valori, se ci capita di nascere dove il nostro valore come bambini sta solo, prima, nel potere di compassione e quindi di carità che scateniamo negli altri e poi nell'abilità nel borseggio e nel fatto che non possiamo essere puniti per questa abilità?
Come può una madre volere questo per suo figlio e rinnegare la responsabilità del volere il meglio per il proprio bambino?
Come può non desiderare che giochi con gli altri bimbi, che abbia uno sguardo non già disilluso ma sereno e felice e fiducioso nei confronti della vita?
Credo di dover togliere il forse: decisamente sono razzista. Decisamente non riesco a provare simpatia per un'etnia che non ha nessuna vergogna nel non volere nient'altro che furto e menzogna e ignoranza e odio per i propri figli e decisamente, ancora, trovo incomprensibile che una madre possa comportarsi così! Essere madre è prima di tutto essere responsabile in toto della vita di una persona che dipende completamente, prima, e sempre meno a mano a mano. Vuol dire fare ogni cosa nelle proprie possibilità perchè il proprio cucciolo possa essere felice. Vuol dire che quando hai fatto stronzate per tutta la vita, poi devi pensarci bene, molto bene, estremamente bene prima di farne un'altra se hai un figlio. Perchè non vivi più per te. Vivi per te e per lui, o lei.
E far fare l'elemosina a tuo figlio con 35 gradi quando in tasca hai uno smartphone FA SCHIFO!

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